RECENSIONI

Recensione Flavia Motolese

Condotti con un gesto pittorico immediato, resi vibranti da una serie di interventi gestuali e accesi da colori intensi, i volti di Danilo Stefani creano un gioco di rimandi che affonda le sue radici nella tradizione dell’arte figurativa, votata alla bellezza, ma che trova la sua realizzazione nella potenza istintiva dell’espressionismo.
Le sue opere non sono semplici ritratti, ma piuttosto archetipi dell’identità contemporanea, raccontata non solo attraverso i canoni estetici, ma anche compiendo una ricerca psicologica.
Stefani riflette sul rapporto della pittura con la realtà, ovvero sulla sua funzione imitativa nei confronti del mondo sensoriale, mettendo in scena, attraverso la rappresentazione del viso umano, sentimenti, emozioni, personalità.
Questa pittura non concerne affatto la pura riproduzione del visibile o la celebrazione di un immaginario mediatico facilmente condiviso, basato sul riconoscimento di icone contemporanee. La sua è piuttosto una ricerca incentrata sull’atto della rappresentazione, intesa come capacità di rielaborazione di quelle esperienze interiori ed esteriori a cui le immagini sono collegate.
Il rischio di cadere in stereotipi figurativi è evitato grazie all’utilizzo espressionistico delle masse cromatiche e alla forte connotazione narrativa dei ritratti. Non si tratta di riprodurre con esattezza l’immagine di un volto, ma di tradurre, con la potenza metamorfica del linguaggio pittorico, una visione introspettiva, infondendole forza evocativa e poetica.
Le tele sono occupate, nella quasi totalità, dai singoli volti che non lasciano spazio ad altro: è la loro intensità espressiva a campeggiare sulla superficie, stagliandosi in una vera e propria esplosione di colori e di materia, che gioca il ruolo di co-protagonista. Le scelte cromatiche soggettive, le linee, le sgocciolature, le campiture scomposte fanno da cassa di risonanza alla forza comunicativa dei ritratti, simboleggiando la complessità dell’universo interiore.
Un’opera di Stefani offre molto di più di un’immagine riconoscibile: una realtà moltiplicata, espansa, poiché la visione mimetica si amplifica attraverso il filtro della rappresentazione concettuale e della tecnica. L’artista cerca di comprendere e cogliere l’unicità di ogni individuo e di raccontare storie senza tempo che rivelino la loro essenza universale. La ricerca dell’artista, infatti, si configura come una pratica di ricodifica dell’immagine in grado di trasformare figure più o meno riconoscibili in una sorta di dispositivo metaforico che permetta di ripensare il concetto di formazione dell’identità personale e collettiva.
Un semplice volto, sublimato nella grammatica pittorica, può diventare l’espressione di un nuovo tipo di rappresentazione realistica capace di indagare i temi della memoria, delle emozioni e dell’autenticità.

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